Bigenitorialità, soluzioni flessibili per casi complessi: innovativa pronuncia della Corte d’Appello di Firenze
Nella recente sentenza (n. 1048/2025 del 03/06/2025) l’evoluzione giurisprudenziale nell’affidamento, trasferimento di residenza del minore e tutela del principio di bigenitorialità.
Il caso
La vicenda processuale trae origine da una relazione more uxorio, dalla quale nasceva un bambino. La convivenza si interrompeva a causa dell’intollerabilità tra i due genitori, spingendo il padre a rivolgersi al Tribunale di Firenze per ottenere la regolamentazione dell’affidamento, della frequentazione e del mantenimento del minore.
Il padre ricorrente, nel procedimento di primo grado incardinato nel 2021, chiedeva l’affidamento condiviso del figlio con collocamento prevalente presso la madre nonché disciplinarsi il proprio diritto di visita e il mantenimento diretto del minore con la suddivisione paritaria delle spese straordinarie. La madre, resistente, si costituiva in giudizio chiedendo anch’essa l’affidamento condiviso con collocamento prevalente presso di sé, ma richiedendo un contributo mensile da parte del padre di € 1.000,00, oltre al 50% delle spese straordinarie. Il Tribunale, in sede istruttoria, disponeva la consulenza tecnica d’ufficio al fine di valutare non solo la capacità genitoriale delle parti in causa ma anche per individuare il migliore regime di collocamento del bambino. Le risultanze dell’elaborato peritale evidenziavano una elevata e persistente conflittualità tra le figure genitoriali e il Tribunale, in via prudenziale e nell’interesse del minore, disponeva un monitoraggio di sei mesi da parte dei servizi sociali, periodo questo prorogato ulteriormente, affidando così il minore ai Servizi Sociali territorialmente competenti. Successivamente, con decreto del luglio 2024, il Tribunale di Firenze disponeva l’affidamento definitivo del minore ai Servizi sociali territorialmente competenti con collocamento prevalente presso la madre, un articolato calendario di frequentazione del padre durante il periodo scolastico e le vacanze, un contributo mensile del padre di € 350,00 per il mantenimento ordinario, la ripartizione delle spese straordinarie al 60% a carico del padre e 40% della madre, oltre all’attribuzione integrale dell’Assegno Unico Universale alla madre. Sulle spese di lite statuiva in ordine alla compensazione delle stesse con ripartizione in egual misura tra le parti delle spese di CTU. La madre, proponeva appello impugnando innanzitutto i capi del provvedimento relativi all’affidamento ai Servizi Sociali, e poi alle modalità di frequentazione, al contributo di mantenimento e alle spese di lite. I motivi di gravame riguardavano innanzitutto l’affidamento del minore ai servizi sociali ritenendo che tale decisione derivasse da una lettura acritica delle conclusioni del CTU che aveva, secondo l’appellante, in qualche modo alimentato il conflitto genitoriale anziché risolverlo. L’appellante contestava altresì come la mera conflittualità tra le parti genitoriali potesse giustificare l’affidamento del minore ai Servizi sociali, non avendo il CTU indicato specifici ambiti della incapacità decisionale dei genitori. Sulle modalità di frequentazione, invece, lamentava l’eccessiva fatica del minore dovuta ai continui spostamenti tra le residenze del padre e della madre, denunciando altresì una valutazione economica squilibrata per quanto concerneva la misura dell’assegno di mantenimento a carico del padre poiché sproporzionato e inferiore alle reali capacità reddituali di quest’ultimo. Il padre si costituiva proponendo appello incidentale per ottenere la pariteticità dei tempi estivi, l’alternanza nelle festività natalizie e la riduzione del contributo di mantenimento. Durante il giudizio d’appello, la madre depositava un’istanza urgente per autorizzare il trasferimento del minore, istanza motivata da esigenze lavorative di quest’ultima. Il padre si opponeva all’istanza sostenendo che il trasferimento fosse contrario al principio di bigenitorialità e chiedendo, in subordine, la modifica del collocamento prevalente in suo favore qualora la madre si fosse trasferita. La Corte d’Appello tratteneva la causa in decisione decidendo sia sui motivi di appello che sull’istanza di trasferimento, con la particolare complessità di dover bilanciare le esigenze lavorative della madre, il diritto del minore alla bigenitorialità e l’interesse superiore del bambino di soli anni quattro.
La sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 1048/2025
La sentenza in commento rappresenta un caso emblematico – e al tempo stesso affascinante – di come il diritto di famiglia contemporaneo si trovi oggi a fronteggiare una sfida cruciale: bilanciare il principio di bigenitorialità con l’interesse superiore del minore e i diritti fondamentali dei genitori, come quello alla libertà di scegliere dove vivere e lavorare. In un contesto sociale in continuo mutamento, dove mobilità geografica e nuove configurazioni familiari diventano sempre più frequenti, il diritto è chiamato ad evolversi. La decisione in esame non solo risponde a questa esigenza di modernizzazione, ma lo fa in modo virtuoso e sorprendente: dimostra che, con intelligenza giuridica e apertura al cambiamento, è possibile trovare un equilibrio tra esigenze apparentemente inconciliabili. Come? Ricorrendo a strumenti innovativi, tra cui le tecnologie digitali, che oggi consentono forme di genitorialità condivisa impensabili fino a pochi anni fa. L’approccio adottato dalla Corte si distingue per una sensibilità concreta e attenta alle reali esigenze dei minori coinvolti, andando ben oltre la rigida applicazione di principi astratti. In linea con l’evoluzione più recente della giurisprudenza, la decisione dimostra come sia possibile affrontare casi complessi con soluzioni flessibili e capaci di tenere conto delle peculiarità di ogni singola situazione. Un esempio virtuoso e potenzialmente replicabile in contesti analoghi che offre un modello equilibrato per gestire i conflitti tra le parti nella rivendicazione dei propri diritti. Un precedente significativo, dunque, che apre la strada a una giustizia più aderente alla realtà e vicina alle persone.
L’affidamento del minore ai servizi sociali
La parte più rilevante della pronuncia in esame concerne la riforma della statuizione relativa all’affidamento del minore, originariamente disposto in favore dei servizi sociali, e sostituito dalla Corte con l’affidamento condiviso ai genitori. Come correttamente rilevato dai giudici d’appello, l’art. 337-ter c.c. prevede che l’affidamento condiviso rappresenti la regola generale nel diritto di famiglia, derogabile solo in presenza di circostanze eccezionali che rendano tale modalità contraria all’interesse del minore. In questo senso, la Corte ha fatto puntuale applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la mera conflittualità tra i genitori – pur se significativa – non può, di per sé sola, giustificare l’affidamento del minore ai servizi sociali. Importante, in tal senso, richiamare l’ordinanza n. 24637/2021 della Corte di Cassazione, che chiarisce come non possa ritenersi automaticamente escluso l’affidamento condiviso in presenza di conflitti tra i genitori, poiché ciò ne limiterebbe l’applicazione a casi del tutto residuali, svuotandone di fatto la portata generale. La Corte d’Appello ha quindi valutato correttamente che, nonostante permangano elementi di tensione tra le parti, non sussistevano più le condizioni per mantenere l’affidamento del minore ai servizi sociali, tenuto conto sia delle capacità genitoriali dimostrate da entrambi i genitori sia dell’assenza di pregiudizi concreti a carico del minore stesso. In tal senso si vuole richiamare anche l’ulteriore pronuncia della Suprema Corte, ordinanza n. 31571/2024, secondo cui la conflittualità, se contenuta entro limiti tollerabili e non pregiudizievoli per l’equilibrio psico-fisico della prole, non costituisce ostacolo all’adozione del regime preferenziale dell’affidamento condiviso.
Il trasferimento di residenza e la tutela del principio di bigenitorialità
La questione relativa al trasferimento del minore presso l’uno o l’altro genitore si conferma tra i temi centrali – e al contempo più delicati – del diritto di famiglia contemporaneo, in cui il bilanciamento tra il principio di bigenitorialità e i diritti fondamentali della persona impone un’attenta valutazione del caso concreto. Con orientamento ormai consolidato, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ribadito che il diritto del genitore a determinare liberamente la propria residenza e sede lavorativa costituisce espressione di libertà personale, tutelata a livello costituzionale (Cass. civ., ord. n. 5604/2020, tra le altre). In tale ottica, qualsiasi limitazione a tali diritti deve essere giustificata da un concreto e prevalente interesse del minore, e non può fondarsi su mere esigenze astratte di conservazione dello status quo. Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto di dover dare prevalenza al diritto della madre al trasferimento, in quanto motivato da comprovate esigenze lavorative e professionali non eludibili, escludendo che la scelta fosse frutto di valutazioni arbitrarie o dettate da mere convenienze personali.
Al contempo, ha ridefinito il regime frequentazione padre-figlio, prevedendo soluzioni che, seppur adattate alle nuove condizioni logistiche, potessero garantire comunque tempi significativi di relazione tra il minore e il genitore non collocatario.
Si tratta, dunque, di una decisione che ben esemplifica l’approccio casistico e bilanciato della giurisprudenza di merito, volto a contemperare i diritti costituzionalmente garantiti dei genitori con il superiore interesse del minore alla conservazione di legami affettivi stabili e continuativi con entrambe le figure genitoriali. Dello stesso orientamento la pronuncia della Corte d’Appello di Catanzaro che con la sentenza n. 6/2024 ha stabilito che il trasferimento della residenza del genitore affidatario in un’altra città non costituisce di per sé un motivo ostativo all’affidamento. La decisione sottolinea infatti che spetta al giudice valutare, caso per caso, quale collocamento sia più funzionale all’interesse della prole, considerando esclusivamente la soluzione che vada a garantire il benessere e lo sviluppo equilibrato del bambino o della bambina.
La regolamentazione innovativa del diritto di visita a distanza
Particolarmente apprezzabile è la disciplina dettagliata del diritto di visita elaborata dalla Corte che tiene conto delle specificità derivanti dalla distanza geografica tra le due abitazioni. Il regime previsto - primo, terzo ed eventuale quinto fine settimana del mese, con alternanza delle responsabilità di accompagnamento del minore tra i genitori- rappresenta un esempio di come il principio di bigenitorialità possa essere preservato anche in presenza di trasferimenti a notevole distanza. La previsione di videochiamate quotidiane di quindici minuti, inserite nella fascia oraria dedicata, dimostra come il diritto di famiglia si stia evolvendo e adattando alle moderne tecnologie di comunicazione, per mantenere e rafforzare i rapporti affettivi anche a distanza. Questa soluzione trova conferma anche nella giurisprudenza più recente, che ha riconosciuto l’importanza degli strumenti telematici nel garantire la continuità del rapporto tra genitore e figlio. A tal proposito, la Cassazione Civile, con l’ordinanza n. 22083/2024, ha sottolineato che «il principio della bigenitorialità e della frequentazione paritaria tra genitore e figlio ha natura tendenziale e non assoluta. Il giudice di merito, nell’interesse morale e materiale del minore, può legittimamente disporre un assetto che si discosti dalla perfetta parità dei tempi di permanenza presso ciascun genitore».
La determinazione dell’assegno di mantenimento e la valutazione delle condizioni economiche
Sul fronte economico, la Corte d’Appello di Firenze ha mostrato particolare attenzione nell’analizzare le effettive disponibilità patrimoniali delle parti. Come previsto dall’articolo 337 ter del codice civile, la determinazione dell’assegno deve tenere conto delle esigenze attuali del minore, del tenore di vita vissuto durante la convivenza, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, delle risorse economiche di entrambi e del valore economico dei compiti domestici e di cura. La Corte ha adottato correttamente questi parametri, riconoscendo che la madre sosterrà maggiori oneri diretti per la cura del bambino e, di conseguenza, ha disposto un aumento della quota di mantenimento a carico del padre rispetto al passato. Questo incremento tiene anche conto dei maggiori costi che la madre dovrà sostenere per i trasferimenti del bambino legati al diritto di visita.
L’esercizio disgiunto della responsabilità genitoriale per le questioni di ordinaria amministrazione
Un altro aspetto molto interessante e innovativo della sentenza riguarda la possibilità di esercitare la responsabilità genitoriale in modo disgiunto per le questioni di ordinaria amministrazione, come previsto dal terzo comma dell’articolo 337 ter del codice civile.
Questa soluzione si rivela particolarmente adatta, soprattutto considerando la distanza geografica tra i genitori, che renderebbe complicato e poco pratico doversi consultare ogni volta su questioni di minore importanza. La distinzione tra decisioni di maggiore interesse, come quelle relative all’istruzione, alla salute o alla residenza del minore, che devono essere prese di comune accordo, e le questioni di ordinaria amministrazione, che possono essere gestite separatamente, rappresenta un equilibrio molto ragionevole.
In questo modo si evita di bloccare la gestione quotidiana del bambino, permettendo ai genitori di agire in modo più autonomo su questioni di routine, senza perdere di vista il principio fondamentale della bigenitorialità. La Suprema Corte, con l’ordinanza n.31571/2024, ha anche sottolineato che le decisioni più importanti, come quelle relative all’educazione, alla salute e alla residenza del minore, devono essere prese di comune accordo tra i genitori. Tuttavia, per le questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino responsabilità in modo separato, favorendo così un percorso più pratico e funzionale per il benessere del bambino. Infine, la questione della compensazione totale delle spese processuali ci porta a riflettere sulla natura assai particolare e delicata dei procedimenti di famiglia. In questi casi, l’obiettivo principale degli operatori del diritto non si limita semplicemente a stabilire chi ha ragione o torto, ma va molto oltre: si tratta di trovare la soluzione più adatta a tutelare al meglio l’interesse del minore. È un percorso che richiede un’attenzione particolare, perché coinvolge entrambi i genitori, che devono essere responsabili e collaborare per il bene del bambino. In sostanza, si tratta di un processo che mira a mettere al primo posto il benessere del minore, e in questo contesto, entrambi i genitori hanno un ruolo fondamentale e devono assumersi le proprie responsabilità.
Profili critici e considerazioni de iure condendo e la tutela dell’interesse superiore del minore nella giurisprudenza europea
Pur apprezzando l’impianto complessivo della decisione, è possibile individuare alcuni aspetti che meritano una
riflessione più profonda. In primo luogo, si può evidenziare la durata complessiva del procedimento, iniziato nel
2021 e conclusosi nel 2025, che mette in luce le criticità del sistema processuale in materia di famiglia. Questo
lasso di tempo, infatti, evidenzia come i tempi di definizione delle questioni siano spesso incompatibili con le
esigenze di tutela e di evoluzione dei bisogni dei minori. In secondo luogo, si può osservare come la gestione della conflittualità tra i genitori, attraverso un lungo periodo di affidamento ai servizi sociali, pur essendo
comprensibile nelle circostanze specifiche del caso, sollevi interrogativi circa l’efficacia di tale strumento anche
come soluzione temporanea. D’altra parte, la previsione di poter ricorrere a un coordinatore genitoriale scelto dai
genitori rappresenta senza dubbio un’alternativa più moderna e meno invasiva per la gestione dei conflitti tra le
parti, offrendo un approccio più flessibile e orientato alla collaborazione.
La decisione si inserisce inoltre nel più ampio contesto della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo, che ha progressivamente sviluppato il principio dell’interesse superiore del minore come criterio
fondamentale nelle decisioni che lo riguardano. In effetti, l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ma richiede un bilanciamento attento tra i diritti dei
genitori e l’interesse del minore. In situazioni di conflitto tra le parti, la giurisprudenza europea tende a
privilegiare sempre l’interesse del minore, riconoscendo questa come la priorità assoluta nelle decisioni che lo
coinvolgono.
Ancora prima dei diritti dei genitori, il diritto alla bigenitorialità rappresenta un diritto del minore, come
evidenziato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, tra cui l’ordinanza n. 29690/2024. In questa pronuncia, si
afferma che tale diritto “deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete dirette a realizzare il suo migliore interesse”, principio che non può essere mai trascurato o disatteso. Il principio dell’interesse superiore del minore costituisce quindi il criterio guida in tutte le decisioni che lo riguardano.
A conferma di ciò, si richiama anche l’ordinanza n. 197/2024 della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui “in
materia di affidamento e di collocamento dei minori, il criterio fondamentale è costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole”. Questo principio impone di privilegiare la soluzione più idonea a ridurre al minimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e a favorire lo sviluppo equilibrato della personalità del
minore, richiedendo un giudizio prognostico sulla capacità di ciascun genitore di crescere ed educare il figlio nel
miglior modo possibile.
In sintesi, tutte queste pronunce sottolineano come il rispetto dell’interesse del minore debba essere sempre al
centro delle decisioni, garantendo che ogni intervento sia orientato a favorire il suo benessere e la sua crescita
armoniosa.
Conclusioni
La sentenza della Corte d’Appello di Firenze oggetto di commento rappresenta dunque un contributo di grande rilievo all’evoluzione del diritto di famiglia, evidenziando come sia possibile trovare un equilibrio tra principi apparentemente in conflitto attraverso l’adozione di soluzioni innovative e mirate. Questa decisione dimostra infatti che, pur rispettando le specificità del caso concreto, è possibile adottare approcci che tengano conto delle esigenze reali dei minori coinvolti, ponendo al centro della valutazione il loro interesse superiore. L’importanza di un’interpretazione flessibile e dinamica delle norme, che favorisca il rispetto dei diritti dei minori e la tutela della bigenitorialità, senza rinunciare alla tutela dei principi fondamentali del diritto di famiglia apre una strada verso un diritto più sensibile alle realtà quotidiane delle famiglie e alle esigenze di tutela dei soggetti più vulnerabili, contribuendo a un’evoluzione normativa e giurisprudenziale che mira a garantire il benessere e lo sviluppo equilibrato dei minori che non solo devono essere tutelati ma anche rispettati.
*Avv. Ylli Pace – Avv. Claudio Sansò








